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Channel: VANGELO DEL GIORNO
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Adamo aveva perduto il paradiso terrestre.
In lacrime lo cercava: Paradiso mio, paradiso mio, paradiso meraviglioso!
Ma il Signore nel suo amore gli fece dono, sulla croce, di un paradiso migliore di quello perduto, un paradiso celeste dove rifulge la luce increata della santa Trinità.

Silvano del Monte Athos
Come Nicodemo ci consideriamo maestri, e non conosciamo il Mistero capace di far nuova la vita. Nicodemo è religioso, ha studiato, ma non riconosce il soffio dello Spirito.

L'inganno del demonio ha ridisegnato la realtà, e ciò che è naturale e adeguato all'uomo è diventato innaturale e inadeguato, mentre la menzogna che genera pensieri, criteri e atti contro natura ci appare come verità incontrovertibile.

I rapporti e gli affetti, il lavoro, la sessualità, tutto è governato dalla superficialità soffocante delle passioni, dei desideri, dei sentimenti. La carne ed il sangue si sono appropriati delle esistenze e le muovono come fossero burattini. Il "sentire" qualcosa è divenuto il dittatore inattaccabile d'ogni decisione e comportamento.

Se non si "sente" qualcosa, non la si fa. E così il sangue e la carne sprovvisti dello Spirito di vita descrivono, senza pietà, il perimetro angusto e schiavizzante delle nostre ore. E' il buio della notte di Nicodemo, comune a quella di ciascuno di noi.

Maestri sì, ma carnali. Esperti certo, ma di istinti e passioni. Siamo adulti, ma secondo la carne, incapaci di riconoscere nei figli, carne della nostra carne, l'opera dello Spirito.

Dobbiamo rinascere dall'alto, uno sguardo nuovo che sgorghi da un cuore nuovo, celeste, capace di trapassare l'apparenza per vedere la realtà spirituale celata nella carne.

Un figlio nella situazione peggiore è già amato da Dio; in lui, come in un matrimonio in crisi, è già all'opera Cristo risorto! Ma occorre scendere, umiliarsi e accogliere il discernimento dello Spirito che tracima e spiazza.

Il vento dello Spirito è movimento, disintallazione, indica sempre un di più, un più in là che non possiamo afferrare e gestire. È la libertà di Dio, quell'amore che ama oltre ogni misura, che si piega sui peccatori più peccatori, che si commuove e ha compassione della pecora più sperduta.

E' Dio, che abbraccia l'universo senza condizionamenti. Non si fa ingabbiare dagli schemi atrofizzati, dai piani pastorali, dalle riunioni di condominio, dalle sentenze dei tribunali. Irrompe quando e dove non ce lo aspettiamo, scende dal Cielo e colma di Cielo la terra.

Lo Spirito è la Vita di Cristo che discende da lassù, dal cuore stesso di Dio per innalzare, nella sua Croce gloriosa, la terra dentro a quel cuore. Così la Croce, quella di ogni giorno contro la quale lottiamo credendo di far cosa giusta, saggia e ragionevole, è invece il sigillo evidente dell'irruzione dello Spirito.

E' la Croce che catapulta le nostre esistenze alla destra di Dio. Crocifissi con Cristo ora e qui siamo misteriosamente avvinti al suo stesso Spirito, ne riconosciamo le orme che spingono all'amore più folle; liberati perché crocifissi nel cuore di Dio possiamo vivere la vita su questa terra come un anticipo del Cielo, dove tutto ci appare nella luce della Verità, il Destino incorruttibile che ci attende.

In questa luce si dirada la notte dell'incredulità che ci rende idolatri e inginocchiati dinanzi alle creature, e possiamo alzare lo sguardo nella contemplazione del Creatore, della sua volontà d'amore che pervade ogni istante, ogni persona, ogni evento.
MERCOLEDÌ DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio: Dio ci ha consegnato Gesù attraverso la Chiesa, dove sperimentiamo il suo amore. Così in essa possiamo convertirci, venire alla luce nella debolezza e, rigettata la menzogna del demonio, operare amando nella Verità che è Cristo.
L'amore appassionato di Dio per il suo popolo — per l'uomo — è nello stesso tempo un amore che perdona. Esso è talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore contro la sua giustizia.
Il cristiano vede, in questo, già profilarsi velatamente il mistero della Croce: Dio ama tanto l'uomo che, facendosi uomo Egli stesso, lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore.

Benedetto XVI, Deus caritas est
"Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio". "Dare", cioè "consegnare" Gesù attraverso la Chiesa, nei sacramenti, nella Parola e nella comunione dei fratelli. Nella comunità possiamo sperimentare che Dio non ha mai "giudicato" il mondo.

Non è facile, per chi, come noi, giudica a ripetizione. Ma piuttosto che giudicarci, Dio ha consegnato suo Figlio al giudizio che toccava a noi. Per questo solo nella Chiesa è possibile credere e avere la vita eterna che si compie in opere fatte in Dio, quindi sante.

Nella Chiesa che è il corpo di Cristo, infatti, possiamo "venire alla luce" anche se le nostre azioni sono corrotte e incarcerate in una tomba, perché in essa si posa lo sguardo di Gesù che ci vede addormentati, mai morti.

Nella comunità cristiana possiamo imparare a "preferire" la luce alle tenebre, consegnando le opere malvagie alla misericordia di Dio. Possiamo "venire fuori" come Lazzaro dal sepolcro, chiamati da Gesù che è venuto per amarci e non per condannarci.

Così, in chi crede tutto viene alla luce, perché tutto risplende dall’interno come nelle icone orientali, di una luce nuova e celeste, quella della vita divina che ha preso possesso di lui. In una famiglia che sta imparando a credere nella Chiesa nulla resta nascosto, vi è limpidezza e libertà nei rapporti, fiducia nell'opera di Dio in ciascuno.

Così tutti possono "venire alla luce" per quello che sono, senza dover sempre scappare nella notte, per paura delle proprie opere. Quando un padre intinge il suo sguardo in quello di Cristo, guarda oltre l'apparenza il proprio figlio, non lo giudica, ma vede in lui il Signore già all'opera per liberarlo dal peccato.

"Venire alla luce" e operare la "verità" è il primo passo nella conversione: anche se ci sono crisi e scontri, liti e problemi, tutto viene estratto dal buio della menzogna per risplendere alla luce della Verità.

Ciò significa che, anche se la carne continua a offrire i suoi parametri per guardare e giudicare l'altro, la luce della fede smaschera uno ad uno i loro limiti, ricollocando ciascuno nella Verità dell'amore.

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GIOVEDÌ DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

Credere è accogliere l'annuncio che tutta la nostra vita può, qui e ora, trasformarsi in un anticipo di Cielo. Per sperimentarla trasfigurata nell'abbandono confidente all'Amore disceso da lassù per annientare limiti e morte e innalzare la vita quaggiù sino al cuore del Padre.
Gesù riassume tutto il processo della sua vita, del portare, cioè, la vita naturale umana alla vita divina e in questo modo trasformare l’uomo: divinizzazione dell’uomo e così redenzione dell’uomo, perché la volontà di Dio non è una volontà tirannica, non è una volontà che sta fuori del nostro essere, ma è proprio la volontà creatrice, è proprio il luogo dove troviamo la nostra vera identità. Dio ci ha creati e siamo noi stessi se siamo conformi con la sua volontà; solo così entriamo nella verità del nostro essere e non siamo alienati. Al contrario, l’alienazione si attua proprio uscendo dalla volontà di Dio, perché in questo modo usciamo dal disegno del nostro essere, non siamo più noi stessi e cadiamo nel vuoto. In verità, l’obbedienza a Dio, cioè la conformità, la verità del nostro essere, è la vera libertà, perché è la divinizzazione. Gesù, portando l’uomo, l’essere uomo, in sé e con sé, nella conformità con Dio, nella perfetta obbedienza, cioè nella perfetta conformazione tra le due volontà, ci ha redenti e la redenzione è sempre questo processo di portare la volontà umana nella comunione con la volontà divina.

Benedetto XVI, Incontro con i parroci di Roma, 2010
Obbedire è ascendere al Cielo. Lasciarsi afferrare dal Signore per farsi condurre nel luogo dal quale Egli è disceso. Obbedire è abbandonare terra e carne per indossare Cielo e Spirito. Nulla di alienante o spiritualistico però.

Piuttosto quanto di più autentico e incarnato vi sia: la fede che illumina la carne e la terra con le Parole di Dio, impregnando ogni istante di Spirito ricevuto senza misura: "l’obbedienza a Dio, cioè la conformità, la verità del nostro essere, è la vera libertà, perché è la divinizzazione. Gesù, portando l’uomo, l’essere uomo, in sé e con sé, nella conformità con Dio, nella perfetta obbedienza, cioè nella perfetta conformazione tra le due volontà, ci ha redenti e la redenzione è sempre questo processo di portare la volontà umana nella comunione con la volontà divina" (Benedetto XVI, Incontro con i parroci di Roma, 2010).

La prova dell'esistenza di Dio, del suo amore e della sua salvezza è esattamente la nostra accoglienza della sua Parola discesa dal Cielo. Credere è innanzi tutto accogliere, non guardando a se stessi, ma, come Abramo, dar credito ad un annuncio che oltrepassa ogni speranza.

Credere oggi che questi istanti che abbiamo tra le mani, la tela che intreccia le nostre relazioni, i nostri amori, il lavoro, la scuola, la famiglia, che tutto quel che ci appartiene può, miracolosamente, qui ed ora, trasformarsi in un anticipo di Cielo. La carne e la terra trasfigurati nell'abbandono confidente ad un amore che è disceso da lassù per annientare limiti e morte ed innalzare questo nostro quotidiano quaggiù sino al cuore del Padre.

Ed è tutto molto concreto. Obbedire appoggiandosi all'amore che vince la morte è sperimentare, in tutto, la libertà del Cielo. Pazienza, mitezza, misericordia ad esempio. Tutto ci è donato, perché tutto quello che fa del Cielo la vita stessa di Dio è consegnato nelle mani del Figlio.

Essere suoi, appartenere a Lui è vivere con Lui in Cielo già da ora, pur attraverso le prove e le ferite della vita terrena. Obbedire è amore, la chiave che dischiude le porte della Vita che non muore.
VENERDÌ DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

Cinque pani e due pesci, cifre che descrivono e sembrano limitare la vita. Età, stipendio, altezza ad esempio, segnano invece la nostra attesa di compimento nell'infinito a cui tende ogni numero. L’incontro con Gesù che ci tocca nella nostra realtà, moltiplica tutto di noi nel suo amore infinito.
Ma io vi dico questo: mettete le vostre vite nelle mani di Gesù. Egli vi accoglierà e vi benedirà, e farà un uso delle vostre vite che andrà al di là delle vostre più grandi aspettative. In altre parole, abbandonatevi, come tutti quei pani e quei pesci, nelle mani potenti e affettuose di Dio e vi troverete trasformati in “una vita nuova”; in una pienezza di vita. “Carica il tuo fardello sul Signore ed egli lo sosterrà”.

Giovanni Paolo II, Incontro con i giovani a Murrayfield (Gran Bretagna), 31 maggio 1982
Tutto ci parla dell'infinito in cui si vorrebbe tuffare il nostro cuore, dove vorrebbe spaziare la nostra mente, e correre il nostro corpo. E l'infinito a cui aneliamo si svela pienamente nel miracolo compiuto dal Signore.

Il Messia atteso è Dio fattosi prossimo, l’origine d’ogni vita. E’ lui l’infinito che, raccogliendo tra le mani quel “cinque” e quel “due”, nel breve istante d’una Parola benedicente, li riconduce alla pienezza originaria, allo splendore del compimento.

Quei due numeri che, a una prima e piatta visione, non dicono altro che un contenuto definito e circoscritto, nelle mani e nelle parole di Gesù, scavalcano il limite imposto dalla ragione carnale e acquistano il loro significato autentico. Sono numeri, segni di una realtà ben visibile, eppure aperta, misteriosamente, all’infinito.

Cinque pani e due pesci sfamano e saziano una gran moltitudine, e avanzano per sfamare e saziare ancora, da quel pomeriggio sulle rive del Lago di Galilea sino a questo nostro giorno, sino alla fine del mondo, e più in là, sino all’eternità. Così è di ogni numero che descrive e sembra limitare le nostre esistenze, la storia stessa del mondo.

L’età, lo stipendio e il conto in banca, l’altezza e il peso, la forza, i metri cubi delle nostre case, gli anni d’una amicizia, di un amore, le distanze, i progetti, le mura che ci stringono e sembrano frustrarci e tenerci schiavi, e la chimica dei sentimenti, degli umori, delle speranze e delle delusioni, i valori alterati che sbucano dalle analisi, le parole che ci diciamo per contraddirle in un minuto, il carattere e i difetti, perfino i peccati!

Ogni numero che fa di noi quel che siamo, la matematica che, fredda, sembra sospingere le nostre storie verso destini ineluttabili, attende invece una mano e una Parola, quelle dell’Autore di ogni matematica e di ogni scienza, l'Architetto di ogni vita. Le sue mani creano e ricreano e si fanno prossime a ciascuno di noi attraverso le mani e le parole dei suoi Apostoli.

E’ la Chiesa che, da duemila anni, si piega sull’umanità, ne riconosce, nascosto, il seme divino impresso dal Creatore, e, per la Parola e il Sacramento, lo riconduce allo splendore del compimento.

Ogni istante, ogni numero della nostra vita, anche quelli negativi, grigi, che sembra ci stiano schiacciando, non sono altro che i segni d’una porta dischiusa nell’attesa dell’infinito. Ogni grumo dell'esistenza è gravido d’eterno.

Ma solo l’incontro esistenziale, concreto, autentico con il Signore rende possibile quello che tutti speriamo. Non ci resta che obbedire alla Chiesa che, nel nome del Signore, ci invita a "sederci".

Ma dai, dovrei sedermi invece di darmi da fare? Sì, obbedisci e "siediti", perché se non sperimenti che Cristo può moltiplicare quello che sei non vedrai la tua vita compiuta; se non sperimenti che la Vita che sfama e sazia non si "compra" in nessun "dove" ma è Lui la fonte che ce la dona, resterai schiacciato nelle tue meschinità.

Solo così, infatti, saprai amare chi ti è accanto e trasmettere la fede ai tuoi figli, facendo "sedere" tutti alla mensa imbandita da Cristo. E offrire, in ogni circostanza, il poco, pochissimo che tutti abbiamo alle sue mani.

Tuo marito è superficiale, arido, assiduo a poltrona, pantofole e televisione? Bene, prendi questa sua attitudine allo svicolamento dalle responsabilità e consegnala a Cristo, la vedrai moltiplicata in uno zelo mai visto...

Tuo figlio è pigro, incapace di studiare e concentrarsi? Bene, prendi questa debolezza e dalla a Cristo, l'unico capace di tirare fuori da ciascuno il meglio, ovvero il seme di vita eterna seminato dal Padre.

Guarda che il miracolo è tutto qui: forse tuo marito sarà ogni giorno propenso a sdraiarsi sul divano, come tuo figlio incapace di star fermo dieci minuti, esattamente come quei cinque pani sono restati tra le mani di Gesù quello che erano.
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2024/05/16 10:02:22
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